Il 20 novembre 1989 fu approvata la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: un documento che riconosce per la prima volta bambini, bambine e adolescenti come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. Una vera e propria rivoluzione culturale: il bambino non è più visto come soggetto passivo, bisognoso solo di cura e protezione, ma viene considerato titolare di diritti come ad esempio il diritto al nome, alla salute, a una corretta alimentazione, all’istruzione, alla sopravvivenza e quindi reale protagonista della sua vita.
Hanno aderito alla convenzione 196 paesi e l’Italia ha aderito con la Legge n. 176 del 27 maggio 1991. In questa stessa data, il 20 novembre, viene celebrata ogni anno la Giornata Internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza, un modo per ricordare principi che sono stati riconosciuti, ma anche fare il punto della situazione e riflettere su quanto ancora c’è da fare.
“Ogni bambino emarginato, abbandonato dalla sua famiglia, senza istruzione,
senza assistenza medica, è un grido!
Un grido che si eleva a Dio e denuncia il sistema che noi adulti abbiamo costruito.
Un bambino abbandonato è colpa nostra.”
Papa Francesco
Ancora oggi conflitti, povertà, fame, stanno spingendo milioni di bambini sull’orlo del baratro e la freddezza dei dati suggerisce le dimensioni del problema: secondo l’UNICEF un miliardo di minori in tutto il mondo vive in una condizione di povertà multidimensionale che significa non aver accesso all’alimentazione o all’acqua, all’assistenza sanitaria, a una casa, all’istruzione e stima che 153 milioni di bambini siano orfani; nel mondo più di 400 milioni di minori vivono in zone di conflitto; la malnutrizione rimane anche oggi una delle cause principali di mortalità infantile, con oltre 13,5 milioni di bambini sotto i 5 anni che rischiano di morire di fame; tra i 10 e i 16 milioni di minori non frequentano la scuola perché costretti a lavorare o a sposarsi.
Nonostante da anni sia assodata l’importanza fondamentale dei primi 1000 giorni di vita del bambino (dal concepimento ai 2 anni) per la sua crescita armoniosa, per dargli sicurezza, benessere psicologico ed emozionale, in realtà cosa si riesce a fare per garantire tutto questo ai bambini, anche nei paesi cosiddetti avanzati?
Anche nel nostro paese aumentano le disparità economiche e sociali. Il lavoro assorbe sempre più tempo ai genitori che ne hanno sempre meno da dedicare ai figli; moltissimi bambini vivono in quartieri periferici privi di qualsiasi presidio culturale e sportivo; la scolarizzazione non è certo uniforme in tutto il paese, tanto meno la qualità dell’istruzione e l’abbandono della scuola è ancora molto alto.
Gli anni della pandemia hanno aumentato ovunque tanti problemi psichici in queste età così vulnerabili e pensiamo a tutti i nuovi casi di bullismo legati anche all’uso inconsapevole degli strumenti digitali.
Certo, l’enormità dei problemi può provocare un senso di impotenza, ma quanto bene farebbe se fosse dato più spazio, anche e soprattutto attraverso i media, a realtà anche piccole che operano sul territorio, che creano spazi in cui i bambini possono sentirsi bene per quello che sono e per quello che possono fare. Questi segnali – pensiamo a parrocchie o ad altre associazioni di volontariato in zone di degrado – oltre a dare speranza, possono essere d’esempio per la nascita di realtà simili.
Come CMT, a JundiaÍ (San Paolo, Brasile), siamo testimoni dell’iniziativa di un gruppo di insegnanti e volontari che si sono resi disponibili ad accompagnare nello studio, nei compiti o anche solo nell’ascolto, bambini che vivono l’assenza dei genitori perché impegnati al lavoro o che per altri motivi hanno necessità di un sostegno. Che bello sentire nei racconti delle missionarie, là presenti, lo stupore e i ringraziamenti dei bambini per avere a disposizione degli adulti che sono loro vicini, che li accompagnano!
«I bambini sono il futuro della famiglia umana:
a tutti noi spetta il compito di favorirne la crescita, la salute e la serenità».
Papa Francesco
Senza menzionare poi il fatto che ogni tipo di intervento rivolto alla formazione dei bambini, degli adulti di domani, ha un ritorno enorme, vitale, su tutta la società civile, sull’economia, sul futuro di qualsiasi paese, soprattutto dei più poveri. Lì il futuro dei paesi passerà inevitabilmente attraverso le nuove generazioni.
Facciamo nostre ancora una volta, in questa giornata, le parole del Papa: «Pensate che cosa sarebbe una società che decidesse, una volta per tutte, di stabilire questo principio: “E’ vero che non siamo perfetti e che facciamo molti errori. Ma quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso o troppo grande, pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio, di non valere niente e di essere abbandonato alle ferite della vita e alla prepotenza degli uomini. Come sarebbe bella una società così! Io dico che a questa società, molto sarebbe perdonato, dei suoi innumerevoli errori. Molto, davvero». «Il Signore giudica la nostra vita ascoltando quello che gli riferiscono gli angeli dei bambini, angeli che “vedono sempre il volto del Padre che è nei cieli”. Domandiamoci sempre: che cosa racconteranno a Dio, di noi, questi angeli dei bambini?»