Quest’anno a Natale pare esserci più sobrietà. Nelle città si ha l’impressione che tutto sia meno “luminoso”. Si vedono meno luci per le strade, sui balconi, meno alberi addobbati nei giardini, ma non per questo è meno Natale.
Il Natale è esperienza di Luce vera! Un evento che viene annunciato 700 anni prima della nascita di Gesù dal profeta Isaia come una grande Luce: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Isaia 9,1). Anche il racconto della nascita di Gesù è avvolto di Luce: “Un angelo del Signore si presentò ai pastori e la gloria del Signore li avvolse di luce” (Luca 2,9).
Sì, a Natale ci si sente avvolti da una Luce nuova, speciale, una Luce che sperimentiamo nascere anzitutto dentro di noi perché Natale ci parla di una nascita, di un venire alla Luce di Dio stesso, che ha scelto di farsi uomo, uno di noi. E come ogni bambino portatore di una vita nuova, di una felicità più grande, di una speranza che tutto migliorerà. Poteva venire in mezzo a noi come Dio potente, vittorioso, invece ciò che ci sconvolge ad ogni Natale è che il segno è “un bambino avvolto in fasce adagiato su una mangiatoia”.
Dio ha scelto di nascere povero tra i poveri, ha scelto di essere bambino tra gli altri, di imparare una lingua, un lavoro, di doversi trasferire appena nato in un altro Paese per paura di essere ucciso. C’è un’immagine meno potente? Meno vittoriosa di questa? È la vittoria della debolezza, la Luce che viene da un Bambino che ha assunto la natura umana con tutte le sue fragilità, paure, desideri, speranze. Si è fatto uno di noi, bisognoso di una casa, del latte materno, di un sorso d’acqua, di un pezzo di pane, del calore di una famiglia. Lui che era Dio ha voluto aver bisogno che qualcuno si prendesse cura di lui: si è messo tra le nostre mani per dirci di aver cura di chiunque avesse bisogno, di ogni piccolo, di ogni affamato, di ogni uomo che si fa prossimo.
L’annuncio luminoso del Natale è proprio questo: Dio si è fatto bambino per dirci che non ci si può salvare da soli, che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Anche Dio non ha fatto tutto da solo, anche lui ha avuto bisogno di Maria e di Giuseppe; ha avuto bisogno degli Angeli che annunciassero la sua venuta, ha avuto bisogno dei pastori ciascuno con il proprio dono e continua ad avere bisogno di ciascuno di noi. Ci dice in fondo che ogni Bambino che nasce ha bisogno delle cure di ciascuno, di essere amato: il bambino è l’unico essere che se non è amato non sopravvive, muore.
E che siamo sempre bisognosi di amore ce lo ricordano le parole di Benedetto XVI nell’omelia della vigilia di Natale del 2011, parole quanto mai attuali: “In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso come bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace”.
Ognuno davanti al Presepe si identifica ora con un personaggio, ora con un altro. Quest’anno ci proponiamo di essere angeli di luce e di pace capaci di rischiarare le tenebre di coloro che vivono nello smarrimento, nella tristezza, nelle difficoltà, di giungere a ciascuno con una parola di bene, di pace e di serenità, di non lasciare nessuno nel bisogno per rendere più luminoso questo Natale.