La Giornata Missionaria Mondiale quest’anno ci coglie in un momento di prime aperture, dopo lunghi mesi che ci hanno costretti a casa, in isolamento, distanziati. Un isolamento obbligato per il bene di tutti, ma che piano piano, senza che ce ne accorgessimo, ci ha effettivamente isolati, distanziati. In qualche modo abbiamo sentito che la mascherina nascondeva i nostri sbalzi di umore, non ci costringeva a sorridere quando non ne avevamo voglia, piano piano più che un isolamento esterno è diventato anche chiusura interiore. Quante volte dietro la mascherina nascondiamo le nostre fragilità e insicurezze.
Il messaggio che il Papa rivolge a tutti nella Giornata Missionaria Mondiale, che si celebra il 24 ottobre, viene a scuotere questo torpore, questa paralisi, questa stanchezza, questa poca voglia di metterci in gioco. Papa Francesco ci ricorda che: l’amore è sempre in movimento… Lo è da più di duemila anni di storia e che tutto ciò che abbiamo ricevuto, tutto ciò che il Signore ci ha via via elargito, ce lo ha donato perché lo mettiamo in gioco e lo doniamo gratuitamente agli altri… e che il mettersi in stato di missione, stare al gioco dell’amore, è un riflesso della gratitudine. Sì, perché il dono più prezioso che abbiamo ricevuto nel Battesimo, la nostra fede, si indebolisce, perde profezia e capacità di stupore e gratitudine nell’isolamento personale o chiudendosi in piccoli gruppi; per sua stessa dinamica l’amore esige una crescente apertura capace di raggiungere e abbracciare tutti.
Allora Missione è “giocare” un gioco speciale, e utilizziamo la parola gioco, proprio perché la missione non è costrizione, ma nasce da un impulso di gioia: Non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato (At 4,20), questo l’annuncio dei primi discepoli che continua ancora oggi sulle strade del mondo. La Chiesa esiste per questo, per gridare l’annuncio di un Dio vivo, presente, vicino, che cammina con noi, che non ci lascia soli, indifesi, nemmeno in tempi difficili, come può essere questo tempo di pandemia, e ci invita a vivere la compassione, che papa Francesco chiama sacramentale della vicinanza di Dio che non abbandona nessuno ai bordi della strada.
Missione: uscire da noi stessi
La Missione come amore in movimento è un invito ad uscire da noi stessi verso tutte quelle situazioni in ogni parte del mondo che la pandemia ha evidenziato e amplificato: il dolore, la solitudine, la povertà e le ingiustizie di cui già tanti soffrivano, smascherando le nostre false sicurezze e le frammentazioni e polarizzazioni che silenziosamente ci lacerano. I più fragili e vulnerabili hanno sperimentato ancora di più la propria vulnerabilità e fragilità. Infatti, lo scoraggiamento, il disincanto, la fatica; e perfino l’amarezza conformista, che toglie la speranza, ha potuto impossessarsi dei nostri sguardi.
É urgente, sottolinea papa Francesco, la missione della compassione capace di fare della necessaria distanza un luogo di incontro, di cura e di promozione, uno spazio di dialogo, di fraternità, di solidarietà, dove lo sguardo di amicizia accorcia la distanza. Dove ancora per motivi di prudenza non ci si scambia la stretta di mano, gli sguardi che si incrociano possono dire ugualmente un desiderio sincero di fraternità, di amicizia, di voglia di esserci insieme, di non salvarsi da soli.
L’invito di questa Giornata Missionaria Mondiale è ancora una volta l’invito a rispondere alla chiamata di Gesù che ha bisogno di cuori capaci di vivere la propria vocazione cristiana come una vera storia d’amore per raggiungere le periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. E se la missione ci sembra difficile, lontana, il papa ricorda che c’è un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico bensì esistenziale: tutti i giorni siamo chiamati a metterci in gioco, ad allargare la nostra cerchia, ad arrivare a quelli che spontaneamente non sentiremmo parte del nostro mondo di interessi, ma vivono vicino a noi, quelli della porta accanto.
Missione: tutti chiamati a metterci in gioco
Missione, Amore in movimento tutti i giorni, in cui nessuno si deve sentire escluso. Scrive infatti papa Francesco: mi piace pensare che anche i più deboli, limitati e feriti possono essere missionari, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità. I poveri ci sono sempre testimoni di questo Amore in movimento che non si ferma nemmeno in tempi difficili, e che si esprime come gratitudine anche nei confronti dei missionari.
Nonostante la crisi economica che il Paese sta attraversando, la provvidenza è sempre puntuale, il poco di ciascuno realizza la moltiplicazione. Qualcuno preoccupato di non poter dare molto, si esprime così: “Ho portato questo per voi, è poco ma donato con il cuore”. Fatima, quando sa che qualcuno viene a farci visita, ci prepara il pane fresco; il sig. José, viene mensilmente a portarci una spesa completa e si preoccupa di mantenere in ordine il parco; Reinaldo, responsabile di una cappella vicina, ogni volta che organizza un pranzo per raccogliere fondi, dona a noi la possibilità di ritirarlo gratuitamente. Siamo grati per ogni dono e in particolare per ogni fratello che entra a far parte della nostra vita, per noi questo è il regalo più bello.
Le missionarie della comunità di Jundiaí SP – Brasile