In questo mese dedicato a Maria, e a tutte le mamme, desideriamo condividere l’esperienza di una giovane madre che ci testimonia l’amore per la vita e per la famiglia, la forza interiore capace di affrontare le difficoltà della vita.
Una vita difficile fin da bambina, ma accompagnata da Dio
Mi chiamo Kelly Cristina de Souza, ho 40 anni. All’età di 10 anni sono rimasta orfana di padre, mancato a causa di un ictus, a 34 anni. È stato molto difficile, perché il mio mondo a colori si è trasformato in bianco e nero. Improvvisamente mi sono ritrovata con la responsabilità di dovermi preoccupare di cosa mangiare e come vestire. Sono diventata rapidamente adulta! Anche il mio rapporto con Dio è cambiato, poiché nella mia testa, era stato Lui a portarmi via mio padre così presto e non riuscivo ad accettarlo. Mia madre trovò un lavoro, il suo primo lavoro, dato che mio padre non le permetteva di lavorare fuori di casa e raramente la lasciava uscire, anche per andare a messa. Io facevo quello che potevo per aiutare in casa: ho lavorato come baby-sitter, lavapiatti… Mia madre è riuscita a farmi entrare nella scuola di Itupeva, dove però ho sofferto molto a causa di comportamenti razzisti nei miei confronti, sia in classe, sia durante il tragitto in pullman. Molte volte ho pensato: “Se mio padre fosse qui sarebbe tutto diverso, lui mi difenderebbe”.
Un giorno, dopo tanta insistenza di una vicina, siamo andate in chiesa e mia madre è rimasta molto contenta e ha desiderato ritornare, per capire cosa Dio volesse per lei. Ha iniziato a frequentare il gruppo di preghiera e le è stato chiesto di partecipare all’intercessione, anch’io la accompagnavo. Poi ho conosciuto il gruppo giovani che mi ha aiutata molto. Mi piaceva partecipare e ho aderito subito all’equipe di musica. Conoscendo un Dio che mi ama e comprendendo i suoi piani su di noi, in me è tornata la gioia; forse se mio padre fosse stato ancora vivo non avremmo avuto questa opportunità.
La fede in Dio quando il dolore batte forte
A vent’anni mi sono fidanzata: il mio sogno era sposarmi e avere la mia casa. Dopo 5 anni di fidanzamento, tra alti e bassi, mi sono sposata e subito sono rimasta incinta. Era l’altro sogno che si concretizzava: essere madre.
Il piccolo Jair aveva un sonno leggero e piangeva molto. I medici dicevano che si trattava di coliche, super normali per i neonati, finché una mattina all’alba mi sono alzata e ho avvicinato il mio viso al suo: è stato l’inizio di una grande prova. Jair dormiva, ma aveva 41 di febbre. L’ho portato subito all’ospedale, chiedendo a Dio che non gli succedesse nulla di grave, che illuminasse i medici. La causa del pianto, purtroppo, non erano semplici coliche, ma una grave infezione. Grazie a Dio in quel momento era di turno un medico urologo, il quale ci ha comunicato che il piccolo doveva essere sottoposto ad un intervento chirurgico. Fecero tutti gli esami e fu molto duro dover firmare i termini di responsabilità, essendoci il rischio che il mio tanto sognato bambino, che non aveva ancora compiuto due mesi, non ce la facesse.
Il dottor Benedito, illuminato da Dio, eseguì con successo il primo intervento per cercare di risolvere la causa dell’infezione e alleviare il carico a cui erano sottoposti i reni, soprattutto quello deformato dalla nascita. Il percorso fu lungo: ogni volta che l’infezione peggiorava, restavamo in ospedale per settimane. Dopo otto mesi, Jair fu sottoposto ad un altro intervento. Purtroppo, a distanza di pochi mesi l’infezione si ripresentò molto aggressiva.
In questo cammino doloroso io cercavo di conciliare la vita di mamma e gli impegni in parrocchia come salmista, lettrice e violinista. Un giorno una signora amica mi chiese: “Kelly, come può Dio permettere tutto questo a tuo figlio? Tu ti dedichi tanto e Lui non lo protegge!” Le sue parole mi fecero riflettere, ma risposi che non perché facciamo un cammino cristiano, diventiamo intoccabili, invincibili, ma è il modo con cui affrontiamo tutto questo che deve essere diverso: è necessario avere fede e confidare nell’intercessione dei fratelli. Gli altri possono vedere, accompagnare e questo può trasformare anche loro. Soprattutto questo cambia noi stessi, affinché possiamo fortificarci ed essere testimoni.
L’infezione tornò nuovamente: un’altra settimana in ospedale. Il piccolo Jair era traumatizzato al solo vedere qualcuno vestito di bianco e non voleva uscire in auto con me, perché pensava stessimo andando in ospedale. Il medico chiese di fare tutti gli esami e ci mise in guardia: dipendendo dal risultato, non c’era altra soluzione se non l’asportazione del rene, e sperava che poi non sarebbe stata necessaria la dialisi, pur non potendo escluderlo.
Dio si prende cura di noi
Alle sue parole nel nostro cuore si moltiplicarono le preghiere, ho consacrato mio figlio a Maria e abbiamo partecipato ad una celebrazione carismatica di cura e liberazione, presieduta dal carissimo don Adeilson.
Nel momento in cui il sacerdote, per dono di Dio, percepiva quello che stava accadendo, il piccolo Jair riposava tra le mie braccia. Don Adeilson disse: “In questo momento Gesù sta guarendo il rene di un bambino”. Tutti noi che sapevamo, e stavamo chiedendo questo come dono, abbiamo iniziato a guardarlo. Jair ebbe un sussulto tra le mie braccia, quasi a confermare l’accaduto; in quel momento ho sperimentato profondamente l’amore, la misericordia, la bontà e l’attenzione di Dio. Quella domenica abbiamo creduto che la guarigione fosse davvero avvenuta. L’appuntamento per il risultato degli esami era il lunedì seguente. Quando il medico aprì la busta e iniziò a leggere sul suo volto apparve un’espressione di meraviglia; scosse la testa, guardò verso di noi e disse: “Grazie a Dio non sarà necessario asportare il rene”. Rimase così colpito che chiese tutta la cartella clinica, con lo storico degli esami e dei ricoveri di Jair per studiare il caso insieme ad altri colleghi. È stato un grande sollievo ascoltare le sue parole, ma dentro di me in fondo già sapevo che Dio non lascia mai senza la sua protezione coloro che credono in Lui.
In questo tempo di malattia di Jair, avevo lasciato il lavoro per dedicarmi totalmente a lui. Avevo paura di non riuscire più ad inserirmi nel mondo del lavoro e di non poter provvedere alla famiglia. Dio mi ha aiutata e ho ripreso la mia vita professionale. Oltre a questo, quando Jair há compiuto 7 anni, abbiamo dovuto affrontare la separazione, dopo nove anni di matrimonio. Per me la famiglia, andare a messa insieme… era motivo di orgoglio; ho dovuto accettare che quanto accaduto non dipendeva solo da me. Sentivo di nuovo crollare tutto intorno a me e il mondo diventare ancora una volta in bianco e nero, ma nuovamente ho potuto percepire l’amore di Dio che si prendeva cura di noi.
Donne amate da Dio
Oggi, grazie a Dio, Jair è un figlio meraviglioso: ha superato tutte queste prove, gli piace studiare, mi aiuta in tutto ciò che può cucinando, lavando i piatti, stirando le mie camicie da lavoro, senza che sia io a chiederglielo. In parrocchia serve l’altare come accolito con molta dedizione e a febbraio ha compiuto 15 anni di gioie a me concesse da Dio.
Molte volte evitiamo di pensare al passato, ma dimentichiamo che questo ci aiuta a ritrovare la pace interiore, a vedere la grandezza dell’amore e della misericordia di Dio nella nostra vita, a comprendere ciò che dice l’apostolo Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte”. È il momento in cui mettiamo di lato il nostro orgoglio e riconosciamo che senza Dio non siamo e non possiamo nulla.
Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato alla mia lotta; ringrazio la CMT, che ha un posto speciale nel mio cuore, nella mia storia e nella mia famiglia, perché è sempre stata presente e perché gli incontri, i ritiri che propone alimentano la fede e aiutano ad affrontare la vita di ogni giorno.
Con la mia vita posso testimoniare che Dio ha un’attenzione speciale per noi donne, che a volte sbagliamo certo, ma con buone intenzioni: il mondo esige molto da noi e Dio lo comprende perfettamente. Auguro che possiamo essere felici e pazienti per affrontare ogni fase della nostra vita, poiché sono queste fasi, queste prove che ci fanno diventare donne forti, amate e rispettate, anche se non fosse dal mondo, ma da Dio sì, e questa è la cosa più importante.