Tutti abbiamo diritto di avere una casa
Non si può vivere senza casa. Bisogno innato dell’essere umano che la realtà di milioni di uomini, donne e bambini, che vivono ancora per le strade ce lo rende persino più evidente. Ogni uomo ha bisogno di una casa: piccola, grande, semplice, sontuosa, classica o moderna che sia, è la casa dove abita.
Casa è il luogo dove riposare, accogliere l’amico, custodire l’intimità degli affetti e la sacralità di un dolore. Dire casa è dire sicurezza, riparo, identità. La consapevolezza dell’essere persona è sempre legata a un luogo, così che alla domanda: “Chi sono io?” si può rispondere solo dopo essersi chiesti: “Dove sono io?”. Dio stesso, dopo il peccato di Adamo, che perde con esso la propria identità, gli chiede: «Dove sei?» (Genesi 3,9).
La prima casa abitata dall’uomo è il grembo della madre; qui il bambino riceve tutto ciò che gli è necessario per vivere: nutrimento, calore, protezione… Da questa prima casa esce per abitare un’altra casa, di muratura, di pelli, di paglia, di legno o di ghiaccio, non è importante, sarà la sua casa. Ma prima di questo ambiente fisico incontra il corpo affettivo dei genitori, che funge da mediazione al bambino affinché prenda possesso dell’ambiente che lo circonda.
È nell’amore tra il padre e la madre che il bambino si sente custodito, cresce, trova sicurezza e protezione, impara la distinzione tra l’essere “in casa” e “fuori casa”, tra il dentro di sé e il fuori di sé, nel senso di distratto, stordito dalla banalità, dai diversivi senza senso. È nell’amore tra i genitori che impara il suo equilibrio personale, impara ad abitare il mondo.
Dio “mette su casa” in mezzo agli uomini
L’esperienza dell’abitare è così importante che Dio l’ha scelta per manifestarsi all’uomo. Dio Trinità, infatti, per rivelarci la sua identità, viene a mettere su casa in mezzo agli uomini. Ce lo ricorda il vangelo di Giovanni: “La Parola si è fatta carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (1,14), che si potrebbe tradurre con: “Ha messo su casa in mezzo a noi”.
Dio è venuto a piantare la sua tenda tra gli uomini, perché anche la Trinità è “casa” per ciascuno. Gesù, il Figlio di Dio, si è incarnato, ha preso un corpo, ha fatto “casa” tra gli uomini per mostrarci la vita di Dio Trinità. I primi discepoli che lo seguirono gli chiesero: «Dove abiti?», ed egli rispose: «Venite e vedete». “Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui”. (Giovanni 1,39).
Non viene descritto cosa essi videro, ma la loro esperienza viene descritta con queste parole: «dimorarono presso di lui», cioè fecero “casa” con lui. Dimorare insieme è avere la stessa casa, farsi l’uno casa dell’altro.
Dio, rivelandosi, spalanca la propria “casa” all’uomo, lo fa in-abitare in Lui, Dio Trinità si fa casa per l’uomo, “fa posto” in sé stesso a quanti credono in Lui, a quanti lo accolgono nella fede; si fa conoscere, si rende raggiungibile, partecipabile, vivibile, conoscibile, in una parola: abitabile.
Dopo la Pentecoste la primitiva comunità di cristiani si scopre «abitazione di Dio» (Efesini 2,22), «sua casa» (Ebrei 3,6), sono chiamati a custodire la Sua Presenza tra gli uomini: “Dove due o più sono uniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Matteo 18,20). Gesù stesso lo ha promesso: “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e Noi (Trinità) verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Giovanni 14,23).
Ogni comunità che vive nell’amore reciproco è casa di Dio
Ogni comunità cristiana impegnata a vivere nell’amore reciproco, i cui membri sono disposti a dare la vita l’uno per l’altro, per creare quella concordia che costituisce il “santuario” scelto da Dio come sua “dimora”, è luogo sacro dove Dio si fa presente in modo speciale. Essere comunità è divenire insieme “casa di Dio” e come affermava S. Agostino: “Noi formiamo insieme la casa del Signore, ma solo se siamo uniti reciprocamente nell’amore”. E ancora: “Tutti insieme erano diventati luogo sacro al Signore; un unico luogo per il Signore”.
L’esperienza di far “abitare Dio” nella propria casa
È quanto ci ha raccontato una coppia che ha scelto di far “abitare Dio” nella propria casa: “Quando eravamo fidanzati volevamo una bella casa, circondata da un grande giardino, sport e hobby per occupare il tempo libero. Eravamo convinti che avere dei bambini avrebbe comportato tanti sacrifici, a discapito della nostra felicità di coppia e avevamo deciso di non avere figli. Piano piano un senso di vuoto si è impadronito di noi e le tante attività con cui riempivamo la nostra vita non ci rendevano felici.
Una coppia di amici ci ha invitato a vivere una giornata in una comunità, per fare un’esperienza di servizio missionario, per gli altri. Tornando a casa la sera ci siamo guardati negli occhi e ci siamo sentiti “pieni”. Nei mesi successivi i contatti con la Comunità Missionaria della Trinità sono diventati più frequenti e, un po’ alla volta, abbiamo scoperto la bellezza di un cammino di fede, che da tempo avevamo abbandonato, abbiamo scoperto il segreto del loro essere felici: essere un dono per gli altri.
Oggi la nostra vita è cambiata, condividiamo il nostro tempo per i poveri e siamo aperti ad accogliere con gioia i figli che il Signore vorrà donarci. La vita è cambiata, il cuore non è più vuoto, ma pieno di serenità. Dio è entrato nella nostra casa!”