Weekend Giovani CMT
Durante il weekend, 1 e 2 maggio, il gruppo missionario Giovani CMT si è incontrato online. Due pomeriggi dedicati ad approfondire la parabola del buon samaritano (Vangelo di Luca 10,25-37), che dopo duemila anni continua ad interpellare ciascuno.
Una Parola, infatti, molto vicina a ciascuno, da mettere in pratica nel quotidiano, come ha ricordato Elia Frezza all’inizio dell’incontro: «Dove sta la Parola di Dio? Se è in Cielo, c’è bisogno di qualcuno che decolla e va e la piglia giù. La Parola sta nella nostra bocca e nel nostro cuore. La difficoltà è metterla in pratica e rendere concreto il farsi prossimi per gli altri».
Elia Frezza, Chiara di Pietrantonio e Chiara Giamundo durante la settimana si erano “connessi” per organizzare l’incontro e preparare la riflessione da condividere con gli altri giovani.
Una domanda che parte al rovescio
Chi è il mio prossimo? Questa domanda è molte volte il punto in cui ciascuno si appoggia per giustificare la poca attenzione verso gli altri, o ancor più per scansare ogni responsabilità nei confronti delle situazioni che ci circondano, vicine o lontane che siano. Così come hanno fatto due dei protagonisti del brano: il sacerdote e il levita.
Il prossimo “vicino” è scomodo, a volte anche riluttante, ingrato, non ne vuol sapere…; il prossimo “lontano” è distante, non si può fare molto per lui, la sua sorte dipende da altri… Chi è il mio prossimo? È Una domanda posta al rovescio e che per questo motivo non troverà mai risposte adeguate.
Il dritto della domanda…
Il dritto della domanda lo troviamo solo alla fine: Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Chi è stato prossimo? La prossimità implica un’azione, un movimento.
L’esperienza di condivisione, alla luce del Vangelo e delle parole dell’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, ha posto a ciascuno degli interrogativi sul proprio modo di porgersi all’altro e di approcciarsi con chi si trova in difficoltà.
Chiara Giamundo ha raccontato la sua esperienza: «Io posso scegliere di essere prossimo dell’altro. Nel periodo scorso noi giovani abbiamo preso l’impegno di scrivere una lettera o di fare una telefonata a chi, secondo noi, aveva bisogno di un aiuto. La lettera e la telefonata ci ha fatto prossimo dell’altro. Io l’ho sperimentato nei miei confronti, gli altri mi hanno dato il loro aiuto e mi sono sentita meno sola. Voi vi siete fatti prossimi per me».
Con chi ti identifichi?
Una domanda provocatoria che ritroviamo in Fratelli tutti al n. 64: «Con chi ti identifichi?». Con chi fa finta di nulla e passa oltre davanti ad un incidente, ad un problema? Con chi si nasconde dietro mille scuse ed evita di farsi prossimo o con chi ha il coraggio di uscire dalle proprie abitudini, dai propri comfort per andare incontro agli altri, per farsi prossimo di chi è vicino e di chi è lontano?
Ciascuno ha cercato di dare la sua risposta personale. «Non è facile caricare su di sé i problemi degli altri. Io mi identifico con chi vede e poi se ne va» (Emanuele Bittante). E ancora: «L’atteggiamento del samaritano è bellissimo, ma molto difficile da attuare» (Sara Pescantin).
È una lotta interiore continua di chi si proietta sulla via per realizzare la fraternità umana, come ricorda la Fratelli tutti al n. 69: «Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza».
Nel quotidiano come “buon samaritano”
L’incontro si è concluso con la scelta comune e concreta di attuare nel proprio piccolo come “buon samaritano” sapendo dare nomi concreti al proprio prossimo. «A volte pensiamo di dover fare tanti chilometri per aiutare gli altri e non ci accorgiamo che chi ha bisogno è vicino a noi. Il servizio inizia dalla famiglia e si apre a tutti» (Elia Frezza).
Sta proprio qui la questione: la prossimità non dipende dall’altro vicino/lontano, ma da me, da ciascuno di noi. Dipende dalla capacità di fermarsi, di prendersi cura, di superare la “frontiera” del nostro “io” per raggiungere l’altro e farsi carico della sua vita, della sua realtà di sofferenza, di bisogno.
Il prossimo sono io quando, come il buon samaritano, non mi tiro indietro, ma faccio il primo passo per farmi prossimo. Un atteggiamento di corresponsabilità capace di avviare nuovi processi e trasformazioni a partire dal basso, dal nostro vivere quotidiano.