“Cose di questo mondo”
Al sentir parlare di schiavitù, di tratta di esseri umani vengono spontaneamente alla mente le immagini viste nei libri di storia, nei film, catene, palle al piede, lavori forzati, frustate, vendita a peso… Si pensa subito che si tratti di storia passata, superata da innumerevoli leggi che ne hanno via via sancito l’abolizione nei diversi Paesi del mondo… Perché allora ai giorni nostri ancora si celebra una giornata internazionale contro questo fenomeno?
La triste realtà del lavoro forzato, dello sfruttamento sessuale, del matrimonio combinato, delle adozioni illegali, dell’espianto di organi, ecc. sono “cose di questo mondo” che riguarda ancora oggi tutti i Paesi, siano essi di origine, di transito o di destinazione delle vittime.
Le catene di ferro forse non ci sono più o non sono così evidenti, ma restano le catene della paura, delle minacce alla persona, alle famiglie, resta il ricatto psicologico, economico…
Resta il considerare l’altro come “merce” di scambio, come “oggetto” da sfruttare, come “bene da possedere”.
Con il termine tratta di esseri umani si intende un processo tramite il quale una persona viene invogliata con false prospettive o obbligata ad essere impiegata o trasferita in altro luogo ed essere costretta a vivere e lavorare in condizioni di sfruttamento e di abuso. Le vittime vengono sfruttate contro la loro volontà, sono limitate nella libertà e vengono mantenute in questo stato attraverso minacce, violenza e punizioni. La tratta toglie alle vittime la dignità, il diritto di disporre della propria vita e di vivere in libertà e sicurezza.
Transizione umanitaria
La fragilità in particolare di donne e bambini, le situazioni di maggiore povertà, le minoranze etniche, il basso livello di istruzione costituiscono terreno facile per la coercizione, la forza, il rapimento, il raggiro o l’abuso di potere. I trafficanti hanno come bersaglio persone che vivono in contesti di vulnerabilità, sfruttano il desiderio di una vita migliore o di poter vivere in un contesto di sicurezza.
Si calcola che ad oggi siano circa 40-45 milioni di persone vittime della tratta, il 72% dei quali sono giovani donne e il 23% minori. Il 50% dei lavoratori sfruttati svolge un lavoro forzato a risarcimento di un debito.
Perché tutto questo ancora oggi? Si parla di transizione ecologica, energetica, digitale, 4.0… tutte importanti e necessarie, ma che necessitano di un’altra transizione fondamentale quella umanitaria, dove la dignità di ogni essere umano sia realmente messa al primo posto, dove le relazioni tra le persone e tra i popoli siano fondate sull’uguaglianza, sul rispetto reciproco, sulla corresponsabilità, sulla collaborazione mutua e così via.
“Quando non è riconosciuto e amato nella sua dignità di immagine vivente di Dio (cf. Gen 1,26),
l’essere umano è esposto alle più umilianti e aberranti forme di «strumentalizzazione»,
che lo rendono miseramente schiavo del più forte”
Giovanni Paolo II
Un invito a restare ad occhi aperti
Transizione umanitaria che può iniziare dallo sguardo. Spesso le vittime sono dette anche “invisibili”. Questa giornata è un invito a rimanere ad occhi aperti per accorgersi invece di quanto il fenomeno sia diffuso più di quanto si possa pensare ed immaginare.
Lo scorso anno sr. Margaret Scharf OP ha composto una musica che invita proprio a questo primo passo: Can you see me?, cioè Riesci a vedermi?… Riesci a vedermi nelle cose che acquisti… riesci ad immaginare il posto dove sto lavorando, senza cibo, niente pause…? Puoi vedermi nell’ombra e nell’oscurità dove vengono rubati i miei sogni le mie energie? Riesci a vedermi là nel fondo di una miniera nel sudore e nella lotta? Puoi vedermi nei campi sotto il sole cocente…? O in quel capannone dove vengono prelevati i miei occhi?
Guarda! Guarda e non voltarti… Apri gli occhi più che puoi e racconta agli altri di me. E aiuta a portare libertà e giustizia per tutti.[…] Sono tutto intorno a te, invisibile ai tuoi occhi.
Mi chiedo se sarò mai libero. Sospirando per la vita e per la rottura delle catene.
Desiderando la luce del sole, giustizia e pace.
Un invito accorato ad accorgerci e a saper guardare dentro le realtà che ci circondano o in cui siamo immersi, per cogliere le tante storie di vita e di speranza, di dolore e di paura, per imparare a raccontarle e spezzare così le catene del silenzio, per dire “mi interessa”, la tua vita mi sta a cuore, mi appartiene non come “oggetto”, ma come “soggetto”, come “tu”, come fratello e sorella in umanità, la tua vita non vale a peso, a ore, ma vale per quello che sei!