Oggi 22 agosto si celebra la Giornata Internazionale di commemorazione delle vittime di atti violenza basati sulla religione o sul credo. Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella dignità della persona umana in quanto essere spirituale, relazionale e aperto al trascendente. Un diritto che, ancora oggi, tristemente non è rispettato.
Un cristiano su sette nel mondo, è a rischio: uno su 5 in Africa, 2 su 5 in Asia e 1 su 15 in America Latina. Nel mondo sono oltre 360 milioni i cristiani che sperimentano un livello alto di persecuzione e discriminazione a causa della fede.
È l’Afghanistan, oggi, il paese più pericoloso al mondo per i cristiani, seguito da Corea del Nord, Somalia, Libia, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India e Arabia Saudita, solo per citare i primi dieci paesi. (Fonte: World Watch List 2022- ong Open Doors/Porte Aperte).
Quest’anno si è registrata una crescita significativa: le uccisioni dei cristiani per motivi di fede sono aumentate di oltre il 23% rispetto al rapporto precedente stilato da Open Doors. Le violenze si concentrano soprattutto nell’Africa sub-sahariana, con la Nigeria epicentro dei massacri; anche il numero delle chiese attaccate è cresciuto del 14%; mentre le detenzioni e gli arresti sono arrivati al 44%, con l’epicentro in India.
Oltre agli atti di violenza esplicita sembra emergere sempre di più la cosiddetta “persecuzione educata”. Una persecuzione attuata in forma quasi legale, e che va a colpire il diritto alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza. Una forma di imposizione ideologica che costringe le religioni al silenzio.
Infatti insieme agli atti palesemente violenti c’è da tenere conto delle vessazioni quotidiane subite dalle comunità cristiane e dai singoli: mancate autorizzazioni di chiese, controlli centralizzati sul modello cinese, ma anche discriminazioni sul lavoro, pressioni per rinunciare alla propria fede, diversità di trattamento per avere aiuti e medicine.
Se i cristiani continuano a costituire la maggioranza delle vittime non si possono altresì dimenticare le persecuzioni contro 30,4 milioni di musulmani in Cina e Myanmar, basti ricordare i casi rispettivamente delle etnie uiguri in Cina e rohingya in Myanmar.
“Come può essere che attualmente molte minoranze religiose subiscano discriminazioni o persecuzioni? Come permettiamo in questa società tanto civilizzata, che ci siano persone che vengono perseguitate semplicemente perché professano la propria fede? …è disumano, è pura follia”.
Papa Francesco, Videomessaggio di gennaio 2022
Anche noi come cittadini del mondo da queste cifre ci sentiamo provocati a riconoscere che dietro ogni numero c’è una storia, c’è una persona. La libertà religiosa non si limita alla libertà di culto, ma è anche valorizzare l’altro nella sua differenza e riconoscere in lui un vero fratello.
Questo è l’impegno che dovrebbe accomunare tutti, qualunque sia l’appartenenza religiosa e civile, affinchè a tutti sia riconosciuta uguale libertà e dignità. Impegno che coinvolge ciascuno con le scelte personali che possono dare forma al nostro modo di esprimerci affinché sia sempre rispettoso di ogni differenza; al nostro modo di rapportarci con gli altri, in particolare con chi professa un credo diverso dal nostro.